Alexander Technique o cortisone: meglio prevenire o curare?
Testimonianza di Dolores Ceredi
Arriva nella vita un momento in cui scatta qualcosa dentro e ti rendi conto che il tuo benessere fisico, e conseguentemente la tua armonia interiore, dipendono esclusivamente dalla tua volontà. Molto spesso tale momento è casuale; per me (63 anni) è scattato quando una amica ha dovuto cambiare tipo di lavoro a causa di una errata postura che, reiterata per anni, le ha modificato l’assetto della colonna vertebrale, con conseguenti dolori fortissimi che non passavano nemmeno con i più potenti antinfiammatori.
In quel momento, pur essendo un periodo in cui convivevo in modo soddisfacente con la mia schiena e con le mie articolazioni, mi è suonato un campanello d’allarme: perché aspettare il prossimo attacco alla cervicale o alla lombare o le fitte alle ginocchia per porre un rimedio d’emergenza seguendo il solito iter (fisiatra, cortisonici e antinfiammatori vari, sopportazione del dolore, inattività, sensazione di impotenza, deflessione dell’umore…) fino alla soluzione, purtroppo sempre temporanea, del problema?
Mentre ero in tale stadio di allerta un conoscente, al quale esponevo le mie preoccupazioni relative al disagio dovuto a tre ernie al disco e a diverse protrusioni, mi dice molto sinteticamente e con grande convinzione: “Metodo Alexander”.
Ecco, in quel momento ho capito che dovevo approfondire la cosa, quindi mi informo: la vita di F. M. Alexander mi intriga, la sua applicazione del metodo scientifico per l’individuazione della causa di un problema di raucedine e di afonia che lo assilla da qualche tempo (per un attore di teatro quale era lui è decisamente invalidante), mi affascina. E ancora di più la soluzione che egli trova al suo problema, ma che egli ufficializza come tecnica per migliorare tanti altri disagi. F. M. Alexander diventa maestro di tale tecnica, istruisce e prepara tanti studenti che diventano a loro volta maestri, diffondendo così il suo metodo nel mondo.
Un giorno sento alla radio una intervista a Giorgio, maestro di Alexander Technique, che illustra con semplicità i principi e i benefici di questa tecnica: gli ho mandato subito una mail ed è cominciato il mio cammino, fatto di qualche sacrificio, ma sicuramente ricompensato da un nuovo benessere. In alcuni mesi (circa otto) di frequentazione regolare, una volta la settimana, ho molto lentamente modificato la percezione della mia postura, cercando di mettere in pratica i consigli di Giorgio, allentando tensioni alle articolazioni e prendendo le distanze dalle tante periodiche contratture che mi colpivano, ricavandone benefici fisici e nell’umore.
Quindi mi sono chiesta perché una tecnica così semplice, benefica e non invasiva, non venga socializzata e fatta conoscere a educatori, insegnanti, medici e a tutte quelle categorie di lavoratori che hanno compiti educativi in vari ambiti?
Sono una insegnante di scuola superiore e, nel mio piccolo, un giorno ne ho parlato con una classe terza, dando poi loro un piccolo compito, che è quello del rilasciamento della schiena, che io eseguo quasi quotidianamente: distendersi supini su un tappeto sul pavimento (il divano ed il letto non sono sufficientemente rigidi) mettendo le gambe sopra il letto/divano, spalle e testa completamente rilasciate (mettendo inoltre sotto la testa un rialzo di pochi centimetri, per favorire l’allungamento della cervicale).
Immaginate la mia sorpresa quando entrando in quella classe qualche giorno dopo, alla lezione successiva, la maggior parte dei miei studenti mi ha accolto nella posizione di rilasciamento, distesi supini, un libro sotto la testa, gambe sulla sedia. Mi sono quasi commossa. Dopo essermi complimentata con loro, sono passata da ognuno ed ho apportato piccole correzioni alle loro posizioni, per rendere più libere le loro articolazioni.
Inutile dirvi che, grazie alla pratica della Alexander Technique, non ho più utilizzato cortisonici.
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